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"Scegliere di essere chi si è, è guardare la vita di fronte."

Sal Giampino - Scrittura
Occupazione di Sal Giampino

Occupazione

Alcuni di noi portavano ancora i calzoni corti; e i peli sulle gambe, ormai troppo folti e scuri, erano il richiamo di ridicola attenzione per le gioiose ragazze, nostre nuove compagne di classe: un’infiorescenza di femminilità a cui non eravamo abituati e verso la quale ci ritrovavamo disconoscenti e misconoscenti per riflesso di antagonismo di genere. Il percorso di avvicinamento che ci avrebbe portato verso le loro personalità sarebbe stato lungo e, in molti casi, infruttuoso.

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Del suo veloce volo di Sal Giampino

Del suo veloce volo

A due passi dal centro, all’ammezzato del Palazzo Impero, la prima emittente radio in questa città fu “Radio Lilybeo”, nata dall’entusiasmo di amici che lavoravano già da qualche anno nelle attività dei padri, e che da anni guadagnavano già un piccolo stipendio. Tutti gli altri, relegati più nell’auto-inganno universitario che nella convinzione dello studio, ci accodammo con un’energia che applicammo con grande amore in quell’attività che ci fece balzare all’attenzione dell’intera città in pochissimi mesi.

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Niente è per caso di Sal Giampino

Niente è per caso

Non era morto per caso. Di questo ero certo, lo sapevo e lo avrei raccontato per anni a me stesso e agli altri. Niente è per caso, infatti. Anche quando un uomo lascia la propria esistenza in maniera improvvisa, inaspettata.

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Il giorno che scoppiarono le nuvole

Il giorno che scoppiarono le nuvole

Di quel giorno, il mio ricordo più presente e impressivo, è il pigiama a righe bianche e marrone di mio cugino Tonino, con lui dentro, di corsa. Continuava ad andare su e giù per la via Roma, rincorrendo amici, chiedendo notizie, avvisando altri parenti che abitavano nella medesima strada. E il lampadario che, sopra la mia testa, danzava, sussultava. E i “brindoli” di vetro che suonavano una musichetta da carillon stonato.

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Quando quando quando di Sal Giampino

Quando quando quando

La felicità che coglie nel cuore un bambino di otto anni, quando tiene la propria mano in quella del suo papà, era esattamente quella che provavo in quel momento io. Era Gennaio. Quell’inverno del 1962 era stato molto piovoso e le stradine del mio quartiere erano state scavate dalla pioggia incessante. C’erano più pozzanghere che selciato, ed io mi divertivo a saltarle, volando, attaccato, in un tutt’uno, col braccio forte di papà che mi sorreggeva e mi lanciava in alto.

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La città invisibile (Vecchio fiacre) di Sal Giampino

La città invisibile (Vecchio fiacre)

Erano piccole e tutte nere, anche se a noi, ragazzini della periferia di questa città, oggi inghiottita dall’edilizia sul lungomare, sembravano enormi. E portavano con sé un mistero che odorava di cuoio e cacca di cavallo, erano le carrozze. La signora Cammella, che abitava al secondo piano della mia palazzina, a Case Verdi, ne usufruiva spesso.

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Siamo tutti dividui di Sal Giampino

Siamo tutti dividui

Saremo stati non più di trenta persone, in quella grande sala al centro di Roma, a due passi dal Colosseo. C’era nell’aria un profumo d’attesa come quando, in classe, si aspettava l’arrivo del preside, o come quando, in chiesa, mentre tutti stanno a capo chino, chiusi nella maschera della preghiera, tu guardi e osservi, sfacciatamente, l’ostensione.

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Ai confini della verità di Sal Giampino

Ai confini della verità

Era una notte di Febbraio. Le quattro. Ero appena venuto via da una festa in maschera casalinga, una di quelle serate con bocconcini ripieni, tartine con burro e citterino, bibite zuccherate e niente alcol che, negli anni settanta, condivano gli appuntamenti festaioli di noi giovani appena diciottenni della Città del Popolo.

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Il bacio di Fisunilla di Sal Giampino

Il bacio di Fisunilla

La mula – accecata da un panno nero, straccio dai pantaloni smessi di “u zi Biaggiu” – continuava a girare stancamente alla continua ricerca di una sua meta che non sarebbe mai giunta, in quel mese di Agosto di villeggiatura al “Ponte”.

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Gli Argonauti di Sal Giampino

Gli Argonauti

Stringevo nella mano cento lire e camminavo spedito sul marciapiedi di mattonelle nere di bitume, nuovo di zecca, ma già saltellante, anche sotto i miei infantili passi. Era inverno, le sei del pomeriggio circa..

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